Milano – Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica alla Cattolica, Milano resta fortemente attrattiva, per molti è la città dove poter realizzare i sogni. Come si caratterizza questa ripresa, fra carovita, calo demografico e difficoltà di trovare casa per i nuovi studenti universitari che scelgono di venire a studiare qui?
“Una ripresa faticosa. Da un lato c’è in atto un processo demografico che la rende carente di giovani, visto il basso tasso di natalità che condivide con il resto dell’Italia, e che riguarda altre realtà europee anche se noi ne soffriamo di più. Dall’altra compensa questo svantaggio della bassa natalità con la capacità di attrarre giovani da fuori e anche a livello internazionale. La capacità attrattiva di capitale umano qualificato del sistema Milano, in particolare di lavoratori con alto livello di formazione e di competenze, si è consolidata sulla spinta di Expo 2015. Dopo la flessione determinata dalla pandemia, il flusso di lavoratori con formazione terziaria è tornato su livelli elevati: da poco più di 10 mila ingressi l’anno nel 2014 si è saliti a oltre 15 mila. Continua anche l’attrattività di giovani studenti. La componente dei fuori sede nelle università milanesi è in valore assoluto la maggiore in Italia. In termini relativi si tratta di circa il 70% del totale degli studenti, un valore superato solo da Bologna”.
Quindi?
“Il problema è che quando si arriva per studio e per lavoro si fa un bagno di realtà, ci si scontra con gli aspetti negativi, ovvero il costo degli affitti e il costo della vita. Non solo non si trova casa ma anche la risposta ai propri obiettivi professionali e progetti di vita ne resta ridimensionata”.
Le nuove generazioni sono poco disposte a fare sacrifici?
“È aumentata la mobilità. Molti giovani fanno un anno qui e poi delusi dall’esperienza scelgono città come Parigi, Barcellona Berlino. Chi decide di restare cerca soluzioni abitative anche a cento chilometri, Novara, Torino, ad esempio”.
Urge inversione di tendenza…
“Bisognerebbe intervenire subito sulla questione abitativa, la situazione è peggiorata notevolmente. Anche perché nel frattempo c’è un altro aspetto che dobbiamo prendere in considerazione”.
Quale?
Milano è la città del turismo e dei grandi eventi, con flussi di traffico da turismo notevolmente aumentati negli ultimi anni. E questo naturalmente va benissimo. Non c’è stata però la capacità di alzare i livelli di accoglienza e far fronte alla complessità dei cambiamenti”.
Troppi turisti, anche Milano soffre di overtourism…
“Ma no, una cosa non esclude l’altra, si deve poter accontentare i turisti ma anche chi viene per studio e lavoro. C’è stata una certa incapacità a guidare questo processo. Chiaro che il mercato si orienta verso gli affitti mordi e fuggi, più convenienti. Il Comune da solo non può dare una risposta, si dovrebbe trovare la quadra fra pubblico e privato”.
Milano promette e non mantiene..
“Deve alzare la propria asticella, un peccato far fare un’esperienza negativa, alla fine respingente”.
Il rischio?
“Come dicevo prima, è che questi giovani facciano il doppio salto scegliendo poi altre città. Chi ha 30 anni è abituato a spostarsi all’interno dell’Europa e quando prende una decisione sa già come è fatta Berlino o Parigi, ha solidi punti di riferimento. Un doppio danno per noi che li abbiamo formati”.
Gli stipendi altrove sono più alti…
“E i servizi migliori, all’altezza della complessità della vita di famiglie, studenti e lavoratori. Ad esempio a Milano non mi sembra che il servizio pubblico sia migliorato, anzi dà segnali di peggioramento”.
La sfida di Milano?
“Reinterpretare nel modo migliore la sua visibilità internazionale, così come ha fatto nel periodo del post Expo. Ci vuole una nuova spinta sorretta da adeguate politiche abitative e sociali”.